Le persone che hanno agito in nome e per conto di un’associazione, APS e circolo culturale rispondono personalmente e solidalmente delle obbligazioni contratte dall’Ente.
Così recita l’articolo 38 del Codice Civile: “Per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l’associazione, i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune. Delle obbligazioni stesse rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione”.
Ruolo e responsabilità dei creditori di un’associazione culturale
I creditori di una ASD, APS o circolo culturale possono in primis rivalersi sul fondo comune dell’Ente, ovvero sul patrimonio dell’associazione che rappresenta la garanzia patrimoniale sulle obbligazioni contratte dall’Ente.
Qualora il patrimonio dell’Ente fosse incapiente, sono chiamate a rispondere dei debiti contratti le persone che hanno agito in nome e per conto dell’Ente stesso, con il loro patrimonio personale e solidalmente, cioè fino a copertura dell’intero importo del debito. Quindi, i creditori di un Ente possono rivalersi dapprima sul suo patrimonio e successivamente sui patrimoni personali di tutti coloro che hanno agito in suo nome e per suo conto.
Le responsabilità del Presidente e del Consiglio Direttivo
Essere il Presidente di un’associazione non è un compito semplice: la vita associativa ruota intorno a questa figura. È il Presidente che stabilisce le linee guida dell’intera attività sociale, verifica che le direttive stabilite dal Consiglio Direttivo vengano applicate, costituisce il motore pulsante dell’organizzazione.
Oltre a questi compiti, il Presidente, affiancato dal Consiglio Direttivo, ha anche enormi responsabilità. Il Presidente, a livello civile, economico e penale è responsabile di tutto ciò che accade nell’associazione. Inoltre ha la rappresentanza legale dell’Ente e la rappresenta eventualmente anche in caso di giudizio. Quindi, può sottoscrivere accordi e contratti, assumere obblighi ed, in caso di giudizio, rappresentare l’associazione in sede civile e penale.
Il Presidente, insieme ai membri del Consiglio Direttivo, di cui fa parte, è il rappresentante civile dell’Ente. Di conseguenza, se un giorno l’associazione dovesse contrarre un debito e non riuscisse a ripagarlo, i creditori avrebbero tutto il diritto di rivalersi sui patrimoni personali delle persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione.
Il Presidente, quasi sempre unico e solo responsabile
La gestione ordinaria di un Ente spetta al Consiglio Direttivo, ma nella realtà dei fatti il solo a risponderne è quasi sempre unicamente il suo Presidente. Ciò accade per i seguenti motivi:
- il nome del Presidente è l’unico associato al codice fiscale dell’Ente, quindi è la persona più facilmente individuabile in caso di debiti e di conseguenza sempre rintracciabile
- I membri del Consiglio Direttivo sono sempre indicati su un verbale che non viene quasi mai registrato e, quindi, rimangono difficilmente rintracciabili
- I creditori difficilmente si rivolgono a più debitori, anche perché è una procedura piuttosto costosa. Preferiscono invece rivolgersi al debitore principale e rivalersi per intero su quest’ultimo che, nel caso delle associazioni, è il legale rappresentante (il Presidente). Poi, magari, quest’ultimo si rivolgerà agli altri membri del direttivo per recuperare le somme spese.
- I membri del Consiglio Direttivo possono entrare in causa ed essere chiamati a ripianare solidalmente un debito solo quando hanno deliberato con verbale scritto e controfirmato nel libro verbali
Chi sono le persone che agiscono in nome e per conto dell’Ente?
Le persone che solitamente assumono impegni in nome e per conto di un Ente associativo o di un circolo culturale sono il Presidente ed il Consiglio Direttivo. È importante precisare che la responsabilità personale e solidale a loro carico scaturisce non tanto per la carica che ricoprono, quanto per le attività contrattuali che effettivamente svolgono in nome e per conto dell’Ente e dalle quali scaturiscono dei precisi obblighi.
Diventa altrettanto importante sottolineare il fatto che la responsabilità personale e solidale ricade esclusivamente sulle persone che hanno manifestato nei confronti dei terzi la volontà dell’Ente. Solo manifestando espressamente la volontà si può affermare che abbiano agito in suo nome e per suo conto.
Per il legislatore, non importa che si tratti di un semplice socio che ha agito rappresentando l’associazione oppure di un membro del Consiglio Direttivo. Per gli obblighi assunti nei confronti di un terzo può rispondere anche il singolo socio non investito di alcuna carica sociale, privo quindi di poteri di rappresentanza, ma che abbia manifestato la volontà dell’Ente con un atto dal quale ne derivano obblighi precisi per l’Ente stesso. In questi casi il terzo potrà rivalersi sul patrimonio personale del soggetto che ha agito per conto dell’Ente.
La Cassazione si è pronunciata in maniera chiara: la responsabilità personale di cui parla l’articolo 38 del Codice Civile non scaturisce dalla titolarità della rappresentanza, ma dalle attività negoziali effettivamente svolte per l’associazione.
Viceversa, l’Ente non è tenuto a rispettare alcuna obbligazione conclusa da un soggetto che ha agito manifestando la volontà dell’Ente non avendone i poteri né la rappresentanza, se il suo operato non viene ratificato dai rappresentanti dell’associazione.
I limiti temporali della responsabilità per fatti concludenti
L’articolo 38 del Codice Civile precisa che il Presidente ed i membri del Consiglio Direttivo sono responsabili unicamente per gli obblighi e gli impegni contrattuali che hanno assunto durante il periodo temporale del loro mandato. Per questo motivo un Presidente o un Consigliere non possono assumersi la responsabilità per debiti o obblighi contratti in un periodo anteriore al momento in cui hanno assunto la rappresentanza dell’Ente.
Il legislatore ha voluto così stabilire chiaramente che il semplice avvicendarsi in un incarico non comporta la trasmissione dell’obbligo dal vecchio al nuovo amministratore e che non si può essere puniti per fatti commessi da altri.
Questo vale in caso anche di violazioni tributarie, come affermato dalla Corte di Cassazione: “per i debiti di imposta, i quali non sorgono su base negoziale, ma ex lege al verificarsi del relativo presupposto, sia chiamato a rispondere solidalmente, tanto per le sanzioni pecuniarie quanto per il tributo non corrisposto, il soggetto che, in forza del ruolo rivestito, abbia diretto la complessiva gestione associativa nel periodo considerato, fermo restando che il richiamo all’effettività dell’ingerenza vale a circoscrivere la responsabilità personale del soggetto investito di cariche sociali, alle sole obbligazioni sorte nel periodo dell’investitura“.
Ci sono casi in cui i soci non sono responsabili per i debiti dell’Ente?
L’articolo 38 conferma che in nessun caso vi è la responsabilità personale e solidale dei soci per i debiti e gli obblighi dell’Ente, se i soci non rivestono alcuna carica sociale e se non hanno avuto alcun potere di rappresentanza dell’Ente per le attività negoziali che hanno portato all’indebitamento dell’associazione.